Questo campionato ci ha fatti accendere e spegnere, on/off, ha raccontato tanto anche se non ha portato in quel di Formello l’obiettivo tanto decanato nel finale della scorsa stagione: il ritorno in Champions League.

Siamo passati dall’ebrezza di un derby vinto, al film horror con la sconfitta subita in casa dal Chievo già retrocesso. Ma se non vinci contro il Chievo, che ce vai a fare nell’Europa dei vari Messi e compagnia bella? Infatti non ci vai.

E fin qui, ci potrei stare, se non fosse per il susseguirsi di segnali preoccupanti arrivati da una squadra che, troppo spesso, ha arrancato in campo senza un senso. “Voglio trovare un senso a tante cose , anche se un senso non ce l’ha….”

Quando la motivazione avrebbe dovuto essere forte, ad esempio le battute d’arresto di quelle a pari punti o sopra di noi, ecco lì la beffa.

Trappole sparse qui e lì, le cosiddette “provinciali”, hanno contribuito allo spreco eccessivo di punticini che oggi sarebbero tornati utili.

Un mix di sciatteria e stanchezza, minuti di ordinaria follia che hanno compromesso un’intera annata, senza mai dimenticare quei 20 a Salisburgo che sarebbero dovuti essere una lezione scritta sulla pietra.

Forse esiste una sola spiegazione al nonsense: la frustrazione.

La frustrazione di chi in Champions non ci vuole proprio andare. Come se ci fosse alla base una passione innata per il giovedì da Europa League.

E andavamo su e poi cadevamo giù, una squadra senza mai una vera identità vittima dei venti e degli eventi .

La colpa è di tutti, società, mister e calciatori, più volte con l’espressione di chi voleva solamente rientrare negli spogliatoi.

Non tutto il male viene per nuocere ed è ora di decidere: o si vive senza falsa ambizione, o l’ambizione la si trasforma in “tangibile”.

Questo campionato è stata la prova più che esaustiva che, senza un mercato mirato, non si va da nessuna parte. Non può essere lecito il messaggio che la Champions League si sia persa contro Spal, Sassuolo, Chievo e sia del tutto normale.

Questo campionato deve essere l’addio di metà organico, perché la Ferrari non è altro che un modellino in Lego.

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